La Storia della Scrittura Terapeutica
Fra i principali precursori di una scrittura intesa come metodo di cura vale la pena citarne soprattutto due:
- Jerome Bruner (1915-2016), uno dei fondatori dell’attuale Psicologia Culturale, che definiva la narrazione come uno strumento, forse quello prioritario, fra tutti quelli contenuti in quella che chiamava la nostra “cassetta degli attrezzi”, la forma espressiva per antonomasia e la più utilizzata nella storia dell’uomo.
- James Pennebaker, psicologo sociale, invece si è inoltrato nella ricerca con dati scientifici confermando il potere benefico che la scrittura delle proprie fragilità esercita sia sulla salute fisica che su quella della psiche.
Da qui poi il concetto moderno di Medicina Narrativa come “terapia coadiuvante”, della parola scritta come farmaco utile, della scrittura come cura, da prescrivere accanto a quella farmacologica per il valido aiuto psicologico che fornisce al paziente.
La scrittura terapeutica però vuole andare oltre l’ambito strettamente sanitario ed allargare il proprio orizzonte al di là di qualsiasi categoria contestualizzata.
La scrittura terapeutica risulta essere sempre più una strategia efficace per rimettersi in contatto con il proprio sé e costruire senso attraverso le emozioni non elaborate a tempo debito. Questo strumento aiuta a sciogliere nodi, le difficoltà della vita, a dare parola alle proprie sofferenze e a ricucire le relazioni affettive con maggior equilibrio.